Di certo assomigliava tanto alla loro terra, l’avranno pensato appena toccato il suolo calabro. Ulivi e fichi d’india lungo il costone che scende a picco fino al letto del torrente Malopera. Fuggivano dall’oriente, in seguito all’emanazione di un editto da parte dell’imperatore Leone III Isaurico, che ordinava la distruzione delle immagini sacre.Durante la dominazione bizantina migliaia di religiosi fuggirono quindi dalle regioni orientali per rifugiarsi nel meridione d’Italia, dove abitarono le zone più impervie, vivendo in grotte naturali che furono chiamate “Laure”.E’ anche questa la storia dell’insediamento rupestre degli “Sbariati” un complesso di grotte che sorge nelle adiacenze dell’abitato di Zungri (VV), la cui scoperta risale a pochi anni fa.L’escursione di oggi, organizzata da Marco Garcea, che ringrazio per avermi fatto conoscere un luogo così bello, ci ha riportato indietro di qualche secolo: il complesso rupestre risale infatti al periodo compreso tra il XII e il XIV secolo.Colpisce innanzitutto la vastità dell’area, quasi 3000 metri quadrati disseminati di strutture ipogee (grotte scavate nel tufo) e strutture epigee (fuori terra), e poi la struttura delle laure stesse, abitazioni mono o bicellulari, con semplici giacigli scavati nella roccia e nicchie sparse sulle mura.Ma quello che mi colpisce di più, quando visito siti come questo, di cui la Calabria è piena, è il pensiero ricorrente che tutto ciò rappresenti per la Calabria un’occasione persa, la testimonianza tangibile di un fallimento. Sembra quasi che la nostra terra anneghi nella sua stessa storia, che dovrebbe rappresentare la sua ricchezza, ma che invece la soffoca lentamente. Stasera, l’avrete già capito, sarò poco poetico e piuttosto polemico: per una volta perdonatemi.Lodevole è l’impegno dell’Amministrazione Comunale di Zungri che sta valorizzando il sito, bello è anche il Museo Contadino all’inizio del percorso ma, secondo me, la mancanza di un’ efficace programmazione turistica e culturale da parte degli enti preposti (Provincia e Regione), la mancanza di una rete vera di diffusione del “prodotto storico, archeologico e culturale” calabrese, impediscono a questo settore di diventare il volano della nostra economia.Avendo vissuto per tanti anni in Lombardia ho frequentato spesso la Bit di Milano (la borsa internazionale del turismo). La Calabria ha sempre lo stand più bello, le brochures più belle, e per chi come me è sensibile al fascino femminile, anche le hostess più carine.Ingenti risorse impiegate per soddisfare la “vision”, persino i “Bronzi di Riace” si danno da fare saltando giù dal piedistallo… poi arrivi in Calabria, in aeroporto o nelle principali stazioni ferroviarie, e inizia il tuo calvario: nessuno ti dà informazioni precise, impieghi 3 ore di bus per raggiungere qualsiasi località ed è molto difficile che tu riesca a raggiungere la Sila.Certo, se ti chiudi in un villaggio turistico non hai problemi, ma se sei un turista vero, anzi un viaggiatore? Vi lascio con questo interrogativo e con una recensione, si tratta di un libro che raccoglie due diari di viaggio. Il primo di Luigi Vittorio Bertarelli, industriale milanese, fondatore del Touring club italiano, che nel 1896 attraversò la Calabria in bicicletta.Il secondo di Vittorio Giannì, architetto napoletano che rifece lo stesso viaggio più di cento anni dopo.”Cicloturisti in Calabria” Rubbettino editore. Socio Raffaele Arcuri
Accompagnatore il socio Cai Marco Garcea
Per il video: http://www.youtube.com/watch?v=xAWB5lrEyHg