Io l’ho sempre pensato: la Calabria è una terra particolare. Senza dubbio è piena di contraddizioni, di grandi problemi; una terra che non conosce vie di mezzo, come il carattere dei suoi abitanti, ma gravida di immense risorse, purtroppo quasi sempre sconosciute e non valorizzate degnamente. La mia terra mi ha fatto l’ennesimo regalo, inatteso. La Calabria li fa questi scherzi: tu sei lì, tra ulivi e fichi d’india, in una piovosa giornata di dicembre, e pensi di fare una semplice passeggiata, quando un evento imprevedibile ti sbarra la strada e fa irruzione nel tuo orizzonte ottico. Come in un gioco di prestigio che agli occhi di un bimbo è capace di destare meraviglia, la Calabria, al momento giusto, sa tirar fuori dal suo cilindro qualcosa di incantevole. E’ successo ieri, mentre insieme agli amici del Club Alpino di Catanzaro passeggiavo per le campagne di Curinga. Ho potuto scoprire l’albero che con ogni probabilità è uno dei più longevi dell’Italia meridionale. Si tratta di un Platano orientale, una specie molto rara in Italia, che ha tra gli 800 e i 1000 anni d’età. Il suo tronco cavo di circa 20 metri di circonferenza alla base, e 16 all’altezza di 2 metri, è capace di contenere quasi una ventina di persone.
Nonostante la sua veneranda età, vegeta ancora nei pressi dei ruderi di S. Elia Vecchio, un monastero basiliano, fra i tanti che costellano le montagne calabresi. Ed è molto probabile, trattandosi di una specie botanica diffusa in oriente, che la sua presenza sul territorio sia da ricollegare direttamente alla presenza monastica basiliana. Devo dirlo con sincerità: quest’albero è una delle cose la cose più belle che ho visto negli ultimi anni. Credo che ritornerò a far visita al vecchio grande albero, e porterò con me chi avrà voglia di venire. Vale la pena ogni tanto, lasciare i comodi corridoi dei centri commerciali e fare due passi per conoscere le meraviglie della nostra terra. Socio Raffaele Arcuri