IL PICCOLO FIUME DELLA GRANDE DEA di Francesco Bevilacqua
Il mio peregrinare fra i monti della Calabria procede nel senso inverso della vita: più divento grande, più mi faccio piccolo. Oggi è la volta di un piccolo fiume. Un affluente di un affluente: la Fiumara di Finòjeri. Un fiume che non ho mai toccato. Pur essendoci passato vicino tante volte. Che ha qui la sua patria, la sua chiesa, il suo tempio. “Contrada di Zagarise”, scrive Gerhard Rohlfs, sul suo dizionario toponomastico. Senza spiegare altro. Ma quaggiù i corsi d’acqua sono così tanti ed intricati. Ed hanno nomi a volte antichi e indecifrabili. E cambiano nome per ogni segmento. Come solcassero sempre terre straniere. Come fossero sempre in fuga. Eternamente in fuga. Come gli abitanti di questa terra. Erraboldi, malinconici, nostalgici. Freddo. Vento. Minaccia di pioggia. Scendiamo nella foresta fitta. Una sola visione al di là degli alberi ci mostra le vaste ondulazioni collinari che fuggono verso lo Ionio. Faggi ghermiscono la terra con innumerevoli artigli. Di tanto in tanto, un pino gigantesco, “slupato” alla base per cavare le “tede” resinose da usare come esche nei camini. A frotte, piccoli abeti si affollano sotto i faggi, come mandrie in cerca del pastore. Giù verso una gola che non vediamo. I faggi e i pini cedono il posto alle querce. Ora udiamo scrosciare acque misteriose. Fino a che la terra non si fa roccia. Fino a che l’humus non si fa acqua. Sino a che il grande non si fa piccolo. E celato. Ed intonso. E selvaggio. Sino a che la furia bianca non erompe come uno “schioppo”. Mi sorprendo a pensare all’acqua come al seme della terra. Finòjeri, il fiume delle cento cascate. Finòjeri, il fiume che ingravida la valle col suo sperma. Ma Finòjeri è la valle. E’ la Grande Dea, la Terra Madre di cui ci racconta Marija Gimbutas. La Dea Bianca di cui scrive Robert Graves. La “Tellus Mater” degli uomini e delle donne che vennero prima di ogni altro. La più antica teofania del mondo. “Dea partenogenetica (che si autofeconda)”, scrive la Gimbutas. “Dea datrice di vita, reggitrice di morte”. “Fonte unica di tutta la vita, assumeva la sua energia dalle sorgenti e dai pozzi, dal sole, dalla luna e dall’umida terra”. La Dea del cosmo e del microcosmo, di cui parla Mircea Eliade. La Dea che mette al mondo i suoi figli in quel preciso luogo e in nessun altro. Ed al luogo li lega con un incantamento. La Dea, oggi, ha partorito altri legami. Profondi. Inestinguibili. Il nostro microcosmo è qui, tra le spire del piccolo fiume della Grande Dea.
Accompagnatori: Marco Garcea – Emanuele Vozza
Foto: Marco Garcea – socio Cai Catanzaro
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