Suggestiva escursione quella di oggi, lungo le pendici del Monte Sellaro, nel Parco Nazionale del Pollino. Un percorso agevole ma ricco di fascino ci ha condotti, in poco meno di due ore e mezza, dal centro storico di Cerchiara fino al Santuario della Madonna delle Armi. Il sentiero parte in lieve discesa e, dopo aver attraversato le gole profonde del torrente Caldarello, risale e s’insinua dolcemente fra gli arbusti di ginestra e biancospino. A tratti il cammino si apre su scorci panoramici suggestivi: l’abitato di Cerchiara che flessuoso è adagiato sul fondovalle, i ruderi del suo castello trecentesco e, sullo sfondo, ad est, lo sguardo si perde all’orizzonte nelle acque del Mar Jonio.Non è una giornata limpidissima, la luce non ci aiuta e un vento freddo ci sferza il volto, ma ancora una volta la nostra terra ci regala qualcosa. La pendenza si riduce fino ad annullarsi e, lungo il breve tratto di pianura, il panorama pian piano si allarga fino a rendere visibili, dall’altra parte della regione, Montea, La Caccia e il Cozzo del Pellegrino. Se non fosse per spessa coltre di nubi, che riveste questo cielo d’inizio aprile, non sarebbe difficile riunire, in un unico sguardo, le acque di Jonio e Tirreno.Il sentiero ora scende dolcemente, siamo quasi arrivati e, sulla destra, iniziamo a scorgere le mura del Santuario, incastonate sullo sperone roccioso tra il Sellaro e il Panno Bianco. Lo raggiungiamo in un attimo e percorriamo in silenzio l’intera fabbrica fino alla chiesetta. L’impianto monastico, medioevale e di rito latino, rivela un’anima orientale, un cuore greco già dal toponimo: “tòn Armòn” ossia “delle grotte”, tradotto poi in Madonna delle Armi. Nulla di bellicoso dunque, ma una lunga storia di uomini in fuga, alla ricerca di un luogo in cui poter pregare in pace il loro Dio.Gran parte della Calabria cela questo sapore d’oriente: la nostra terra e le sue grotte furono rifugio per i monaci orientali, spinti a cercare pace dalle persecuzioni iconoclaste di Leone III Isaurico e dalla pressione esercitata dagli Arabi in Sicilia. Poi arrivarono i Normanni che favorirono la diffusione del monachesimo latino e determinarono la decadenza del rito orientale.In fondo nulla di diverso da quello che è successo sulle nostre coste negli ultimi anni: sulle carrette del mare o sui gommoni, per ragioni diverse, ma alla ricerca della stessa pace, gli ultimi del mondo sono arrivati attraversando quello spicchio di Mediterraneo. “Stessa faccia, stessa razza”: da est o da sud. Socio Raffaele Arcuri
Accompagnatori i Soci Cai Gidio Iiritano e Italina Iiritano