Domenica 15 giugno, siamo stati a Sersale (Catanzaro), grazioso paese noto per le “Valli Cupe”, eccezionale luogo di pregio naturalistico e ambientale , definita dal naturalista belga John Bouquet il “segreto meglio custodito d’Europa” , considerata dalla Societa’ Botanica Italiana di notevole interesse scientifico e ambientale. Quest’anno abbiamo intrapreso una serie di escursioni dedicate alla conoscenza dei borghi di montagna, entriamo nei caratteristici centri storici per poi raggiungere la parte più naturalistica. Guidati dal socio Marco G., siamo partiti dalla fontana “Cipino”, appena un km dal centro cittadino, in una giornata molto calda. Ad attirare subito la nostra attenzione è una splendida “poiana”, la riconosciamo dal richiamo inconfondibile, è un querulo pii-eeh , che dall’alto di un cielo azzurro sembra quasi domandarsi: “ ma dove vanno sti matti con questo caldo?”, sarà, ma noi del Cai siamo “duri”, abituati a tutte le condizioni meteo: caldo, freddo, neve, ghiaccio… niente ferma la nostra voglia di “Montagna”, di “Natura”. Si prosegue lungo un sentiero in forte pendenza, comodo per le nostre gambe. Due frantoi a distanza di 50 mt uno dall’altro, stanno ad indicare che l’olio da queste parti è importante, sono migliaia le piante d’ulivo che circondano quest’area. Attraversiamo tanta macchia mediterranea che inebriano, con intensi profumi, il nostro olfatto: “castagni secolari”, “ginestre” dal giallo accecante, “verbascum” (verga) si racconta che veniva usata come stoppino per le lucerne fin da tempi antichissimi; “Origano” (Origanum) pianta aromatica utilizzata nella cucina mediterranea in innumerevoli preparazioni (carni, pesce,insalate) ed anche un buon repellente per le formiche, basta cospargerlo nei luoghi frequentati e ricordarsi di sostituirlo spesso per tenerle lontane; il “convolvolo” (Convolvulus ) veniva raccolto per cucinare delle ottime frittelle; “alloro selvatico”, “acanto” erba perenne tipica dei luoghi ombrosi del Mediterraneo, con grandi foglie che costituivano un motivo naturalistico adoperato dai greci per decorare i capitelli corinzi e tanti fiori colorati che ci hanno accompagnato fino all’ingresso della cascata “Inferno”. Il suo nome deriva dalla conformazione particolare, essendo incastrata in un canyon che forma una pozza molto profonda d’acqua che secondo le credenze popolari arriverebbe all’inferno. Ha un’altezza di 27 metri e due costoni di roccia, a forma di S, uno a destra e l’altro a sinistra, sembrano quasi volerla proteggere. Nel libro ” Guida alla Calabria misteriosa” di Giulio Palange, così descrive questo luogo: …”seguendo il corso del fiume Campanaro, ci si può avvicinare alla residenza del Maligno, che è una cascata peraltro circondata da una foresta di tipo equatoriale, ha scavato un bacino naturale tanto profondo da sbucare addirittura negli abissi infernali, col fuoco che divora l’acqua e no, come sarebbe naturale, viceversa.” Beh, se questo è l’Inferno, forse abbiamo sbagliato strada !!!
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