Un giorno sul Sentiero Italia Cai
Oggi il cielo è tornato a essere azzurro dopo quello lattiginoso dei giorni scorsi, pulito e terso da consentire una vista molto suggestiva sulle alture sinuose della Sila. Si inizia in salita, lungo i sentieri a tornanti che scorrono nel bosco e che ci accompagnano verso il colle del Comunello e Feghicello, i luoghi più in alto del nostro cammino, mentre alcuni scoiattoli neri (Sciurus meridionalis) si esibiscono in acrobazie tra gli alberi.
Ti fermi, respiri e guardandoti attorno ti accorgi che il paesaggio cambia sempre, a ogni passo, a ogni movimento. Cambia tutto ogni volta che sali quassù. Eppure sono trascorsi solo 10 giorni da quando con Piergiorgio siamo saliti per visionare il percorso, e oggi sembra di trovarsi in un luogo diverso.
Una leggera brezza scuote faggi e pini larici, ma anche sentimenti e pensieri per Nino che abbiamo ricordato prima di partire, uno dei tanti volontari del Cai Catanzaro che si dedicò a questo tratto di Sentiero Italia. I passi diventano sempre più pesanti tra le vie infangate da sorgive e ruscelli. Ogni tanto si esce dal bosco, la montagna si spoglia degli alberi e inizia lo spettacolo dei fiori che fanno mostra di colori mentre decine di falene danzano attorno. Oltrepassiamo il versante di Feghicello e il panorama si apre su quello del Tacina, con la sua valle che sembra uno sposa pronta per le nozze. Qui lasciamo il Sentiero Italia, il filo rosso che unisce le montagne italiane continua la sua strada verso il monte Gariglione, a un tiro di schioppo da noi, dalla nostra vista che s’incanta davanti alle sue lussureggianti cime.
Attraversiamo un pezzo di valle nell’ora più calda del giorno, il sole picchia e qualcuno arranca. Dalle ampie radure giungono i suoni dei campanacci. Le podoliche sono arrivate quassù. Iniziamo una salita e nuovamente in bosco. Le chiome degli alberi ci difendono dal caldo. Ci fermiamo un po’. Recuperiamo. Qualcuno non sta bene. Si valuta. Si decide ai piedi di un grande faggio. Abbiamo deciso. Anzi la montagna ha deciso. Per tre di noi finisce qui. In attesa di assistenza. Che più tardi arriverà. Gli altri proseguiamo. Si risale in alto e poi si scende per l’ultimo tratto nel fosso di Ciricilla. Si guada infinite volte tra le limpide acque, mentre mandrie di bovini giunti dal lungo cammino di transumanza si dilettano in infiniti muggiti chiudendo i passaggi. Continuiamo su altre vie. E arriviamo. Tutto è bene quel che finisce bene. Ringraziamo la montagna. Ci salutiamo. Vanno tutti via. Rimango un po’ solo. Alzo lo sguardo su una secolare pianta di faggio e penso a una frase di Tiziano Fratus: “Quando vaghi ramingo nel bosco, il tempo svanisce. Si compatta ed esce completamente dal tuo orizzonte esistenziale. Non sei più un animale che conta il tempo, un Homo Sapiens Sapiens Contabilis, e di questo, alla fine della giornata, sarai immensamente grato”.
Marco Garcea – Accompagnatore di Escursionismo