E’ lungo più di quattro volte la Via Francigena, che collega Canterbury a Roma. E’ lungo più del doppio del celebre Appalachian Trail, che corre lungo l’est degli Stati Uniti. Si chiama Sentiero Italia CAI, ben 7800 chilometri, da Santa Teresa di Gallura a Trieste. Percorso la prima volta nel 1995, in otto mesi, da Valsesia, Corbellini, Carnovalini, affiancati di volta in volta da soci delle Sezioni locali del CAI. Si chiamò Camminaitalia, fu definito “Un’iniziativa civilissima, che pone il nostro Paese in un’avanguardia culturale che ci fa onore”. Per noi del Club Alpino Italiano ha un alto valore simbolico. Definisce la nostra identità. Di volontari dediti al cammino e alla tutela. Ieri ne abbiamo percorso un minimo tratto, con passo lento, attenti a tutto ciò che ci veniva incontro. Incontrando il Crocchio, capace di formare piscine scure del verde dell’abete e profonde, alberi illustri e piccole piante che saranno gli alberi illustri del tempo che verrà, accompagnati ma non intimoriti dal rombo del tuono di temporali non lontani. Attraverso scenari di vita, complessa quanto non si può immaginare. Io appartengo alla maggioranza degli umani che vivono in città, piccole, medie, grandi. Appartengo alla minoranza per la quale l’acqua è uno strumento che scorre dal rubinetto di casa, gli alberi elementi “dell’arredo urbano”, al pari di lampioni e panchine. Da lasciare deperire, da abbattere quando giudicati inutili o pericolosi. Qual è il messaggio del cammino di ieri lungo il Sentiero Italia CAI? Che cosa ci dice il cammino tra boschi e valli, l’arrampicarsi su pareti di roccia? Che il cammino su sentieri, siano essi carrarecce o tracce minime, ci porta in una dimensione di vita ormai ignota a noi umani civilizzati e assistiti da protesi tecnologiche. L’acqua, elemento fondamentale della vita. Gli alberi, che ci paiono entità isolate e sparse, in realtà esseri viventi dotati di una peculiare intelligenza, membri di società complesse improntate a rapporti di reciproca collaborazione. Come testimoniano i piccoli abeti bianchi che crescono alla base di grandi faggi, accolti tra le curve di ciò che affiora delle radici. Come testimoniano i giganti vegetali, che hanno tratto beneficio dalla loro capacità di competere e allo stesso tempo di collaborare. Come testimonia la vita inosservata o invisibile, fatta di insetti, muschi, licheni, batteri, della rete infinita delle ife dei funghi. Una dimensione pesantemente minacciata dalla crisi climatica. Che ormai dovremmo più realisticamente definire “catastrofe climatica” per dare forza a un fatto che molti di noi conoscono, spesso in modo vago, e fanno finta di ignorare con indifferenza pari alla vaghezza della nozione. Un fatto che per i più si riduce a un rumore di fondo, apparentemente innocuo, ma capace di squassare le fondamenta del mondo. Camminare per colline e per monti regala la consapevolezza del mondo reale, di quell’acqua delle quale siamo fatti in buona parte, degli alberi che assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno, dei boschi e delle foreste che vanno pertanto pensati come parte integrante dei nostri polmoni. In un equilibrio che si è creato in tempi lunghissimi, fragile come le tessere di un domino che si reggono addossate le une alle altre. Finchè qualcosa non le mette in movimento. Quel qualcosa siamo noi e non sembra importarcene nulla. Camminare per conoscere, conoscere per amare, amare per proteggere.
Piergiorgio Iannaccaro
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