Raggiungiamo la piazza principale di “Tiriolo” di buon mattino, confortati dal tempo clemente che ci offre lo spettacolo di un cielo sereno, striato, qua e là, da nuvolette sottili ed evanescenti. Soltanto Eolo si mostra scortese con noi e colpisce i nostri volti con gelide folate, non certo insolite in quest’istmo di Catanzaro. Ma le raffiche fredde non ci scoraggiano, anzi sollecitano in noi il desiderio di iniziare subito a percorrere questa significativa tappa del Sentiero Italia in Calabria. Dobbiamo però attendere che altri escursionisti si uniscano al nostro gruppo e, dopo aver rivolto lo sguardo verso il mare (Ionio) ed il “Golfo di Squillace” che scintillano sotto i raggi di un abbagliante sole primaverile, i nostri passi si dirigono, quasi per una ancestrale consuetudine, verso la balconata che abbraccia il lato opposto di “Piazza Italia”.
Ci appare il mar Tirreno con il Golfo di Sant’Eufemia e, in lontananza, il cono vulcanico dello Stromboli. Sostiamo per qualche minuto, cercando con lo sguardo di scorgere le altre isole Eolie che si confondono tra mare e cielo, offuscate dalla distanza e dall’aria non proprio trasparente del lontano cielo siciliano. Finalmente, dopo lo scambio dei saluti, ci dirigiamo, compatti, verso piazza San Nicola dove ammiriamo un pioppo secolare che, il venerdì santo, viene utilizzato per l’impiccagione di Giuda, una delle scene principali dell’ottocentesco dramma sacro della “Pigghiata”.
Ci troviamo quindi alle pendici del monte Tiriolo (838 mt) isolato baluardo di natura calcarea e dolomitica che chiude la falda appenninica sull’istmo di Catanzaro. Accanto ad una fontana alcuni gradini ci instradano verso l’ombroso “Parco Comunale”. L’edera invadente e strisciante tappezza il terreno e con le sue liane si abbarbica a cipressi e pini. E’ di casa in questo territorio dove il culto orgiastico di Bacco era diffuso e temuto dalle autorità dell’antica Roma, tanto da spingere il Senato a vietarlo con il “Senatus consultum de Bacchanalibus” (186 a.c.). Ma l’ostilità di Roma non si limitò a un divieto e culminò nel 183 a.C. con la repressione armata e la distruzione della città per l’alleanza della stessa con Annibale e i Cartaginesi. Passarono i secoli e la città rifiorì, come testimoniano le mura di cinta dell’antica cittadella fortificata (IX sec. d.C.) che appaiono all’improvviso davanti ai nostri occhi. In breve ci ritroviamo all’imbocco della misteriosa grotta di “Re Nilio”, un antico re che, secondo la leggenda si era rifugiato in questa grotta per sfuggire a una maledizione che lo avrebbe condannato a sciogliersi come cera, se si fosse esposto ai raggi del sole. I più curiosi si inoltrano nella cavità mentre gli altri rivolgono l’attenzione alla costruzione dell’Osservatorio. In pochi minuti raggiungiamo la parte aerea della cresta. Tratteniamo il fiato. Lo sguardo è unico ed a 360°: il mar Ionio con il golfo di Squillace, le Serre, la Sila, i monti Reventino e Mancuso, il mar Tirreno con il golfo di Sant’Eufemia, le Eolie, l’Etna, i numerosi paesi alle pendici delle Serre e della Sila, la città di Catanzaro, il promontorio di Isola Capo Rizzuto e Le Castella. Percorriamo la cresta insidiati dal vento, che ci percuote. Ci afferriamo alle rocce, aderiamo con piedi fermi e sicuri al terreno dove le pratoline, gli iris e altri fiorellini fanno capolino tra erbe tenere e le piccole piante grasse. A metà cresta iniziamo la discesa fra monconi di cipressi e pini che un incendio ha inghiottito, alcuni anni fa, insieme alla rigogliosa macchia mediterranea, che ornava la cresta e le pendici della montagna. Continuiamo a camminare, ormai in pianura, su un sentiero protetto da un disordinato intrico di ginestre poi, di nuovo in salita, costeggiamo un bosco di conifere e castagni, testimoni di un sistema economico oggi sottovalutato e trascurato. Dopo la località “Tre Arie” il percorso è tutto in discesa, sul versante opposto, per cui è possibile immaginare la meta. Difatti, dopo un’ennesima svolta, guardiamo in basso: la chiesa della Madonna di Porto si staglia col suo candore in mezzo alla verde quiete della vallata. Attraversiamo il ponte sul fiume Corace, che rumoreggia e scorre impetuoso verso la pianura e visitiamo la “chiesa grande”, ampia e solenne. Poi ci raccogliamo in preghiera nella chiesetta attigua, più antica, meta di sentiti pellegrinaggi, dove è custodita un’antica cappella con un’immagine della Madonna di Costantinopoli, molto amata e venerata in questo remoto angolo della Calabria. Finisce qui per oggi il nostro cammino ma il sentiero continua fino a raggiungere il cuore della Sila, ombrosa e silente, come il carattere dei suoi abitanti, profumata dai pini, ricca di fiori, arbusti, ed erbe officinali che la rendono unica nella sua essenza e natura.
13 Marzo 2019
Teresa Garcea
Foto: Marco Garcea
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