Chissà! Questa volta a essere felice è stata anche la montagna a contenere sul groppone tanta gente entusiasta di vivere una giornata in natura. Specialmente su questi prati dal puro richiamo della savana, lasciati solitari dall’uomo, per altre economie, o sul crestone roccioso, dove aleggiano i rapaci indisturbati. È stata una vera festa della montagna cui hanno partecipato poco meno di 100 escursionisti nelle vesti di improvvisati aquilotti che tra la cima Nord e quella Sud, più alta, hanno sgranato gli occhi nell’ osservare la bellezza selvaggia dei luoghi. La Falconara è una bancata rocciosa, in fase distensiva, prodotta dalla faglia di S. Lorenzo, che a ritmi lentissimi (1 cm all’anno) vaga da circa 5 milioni di anni, distanziandosi da Serra Delle Ciavole. Emerge dai fondali molli e franosi della fossa tettonica generatasi tra Serra delle Ciavole e la vicina Timpa di S. Lorenzo. Per i geologi, Timpa La Falconara è la cattedrale costruita dalle forze della natura che hanno modellato la primordiale crosta terrestre. Su di essa sono visibili i segni di sollevamento dal mare e le successive fasi distensive di trazione compressione e torsione. Oggi, però, siamo venuti in veste di escursionisti che vogliono rinsaldare il vincolo di amicizia condividendo la montagna, sullo stesso sentiero che ci unisce in cima per amore dell’ambiente, stima, simpatia e collaborazione. La strada di avvicinamento al sentiero parte da S. Lorenzo Bellizzi, dove giungiamo tutti in ritardo giustificato, per via dell’ora legale. La dinamica dell’escursione, ad anello, si è svolta in circa quattro ore, con partenza e ritorno da Colle di Conca (1300 m). Sistemate le macchine, iniziamo il percorso sotto la fiancata della parete Sud, osservando fiduciosi nell’impresa, con il naso all’insù, il crestone frastagliato che ci sovrasta. Sulla destra, sormontiamo da un conoide detritico, da dove giungiamo sul prato, che attraversiamo, fino al passo di risalita della Falconara, in prossimità della cima Nord. Il lungo serpentone colorato, si contorce, ma elastico, giunge compatto sulla prima cima. D’ora in poi, sono incontenibili gli “scatti” e i “selfie”, cosi come gli escursionisti, che mettono le ali per giungere incuriositi sull’altra cima; le loro giacche a vento rendono multicolore il crestone, nel rispetto della quiete, che il luogo richiede. Dalla cima il punto di osservazione è ideale per focalizzare, ancora innevata, la Serra Dolcedorme, Serra delle Ciavole che nasconde il Pollino, Grande Porta, Serra Crispo, Timpa di Pietrasasso, Terranova Del Pollino, il fiume Sarmento, Lo Sparviere, il Mare Jonio, il Sellaro, Timpa di S. Lorenzo; la Valle del Raganello con la Fagosa, chiude la visuale, ad angolo destrogiro. Dopo la conviviale pausa pranzo, progrediamo a discendere dal crestone Est, a volo di uccello; è stata la parte più impegnativa. Per certi aspetti, anche la più divertente, con passaggi sicuri e aggiri su rocce. Una prova di discesa, che è servita a rafforzare, alla fine, definitivamente l’autostima dell’escursionista, che confida nelle proprie forze, che spesso sono nascoste dalla pigrizia. Ci salutiamo tutti a S. Lorenzo Bellizzi, dopo avere ammirato il borgo con i suoi Murales e non prima di avere gustato i “mustacciuoli” di Catanzaro, le torte di Rossano e i salati di Castrovillari. Ancora, buona montagna a tutti!
Mimmo Filomia
foto: Claudio Pileggi
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