Domenica 5 marzo siamo in cammino nell’area grecanica della Calabria, intorno al borgo antico di Pentedattilo, dove si raccontano storie misteriose, leggende e magie che incantano da sempre i visitatori.
Iniziamo un paio di km prima del borgo, percorrendo una stradina in discesa che conduce nell’alveo del fiume San Vito, lo risaliamo seguendo una sterrata. Intanto sulla sinistra lo sguardo volge verso le rocce di Pentedattilo, la Rocca Santa Lena e i colori della primavera. La stagione mite arriva presto da queste parti e siamo circondati dalle fioriture dai mille colori con mandorli, ginestre, mimose, ulivi, rosmarini, agrumi, gelsi, fichi d’India. Nelle giornate terse lo sguardo si perde verso l’Etna, ma oggi è nuvoloso, sua maestà è nascosto.
Dopo 4,5 km lasciamo il letto quasi asciutto del San Vito e ci immettiamo su una sterrata coperta di secolari piante di ulivi. Saliamo dolcemente lungo un susseguirsi di tornanti, mentre di fronte regna imponente la sagoma della Rocca Santa Lena. Intanto una frana interrompe il nostro cammino, ci organizziamo con le corde legandole a un robusto tronco di ulivo e la aggiriamo fino a ritrovarci nuovamente sul sentiero. Ad ammirare l’imponente ammasso pietroso della rocca, si scatena la fantasia, ognuno dà una interpretazione diversa delle varie geometrie della pietra; chi vede un animale, chi il volto di una persona, ti accorgi come la natura si diverte a creare le forme più strane.
Geologicamente si tratta di rocce conglomeratiche di origine sedimentaria e ben visibili sono delle grosse pietre levigate dalla natura incastonate nell’arenaria. Proseguiamo lungo il sentiero che serpeggia di collina in collina, fra terrazzamenti coltivati a ulivo, mentre lo sguardo si perde a est verso Bova (la capitale dell’area grecanica), gli spuntoni arenari di Prastarà, il borgo di Montebello Ionico e la mano di roccia di Pentedattilo.
Ci fermiamo per una pausa su un prato di fiori colorati a consumare la colazione e poi proseguiamo verso sud. Attraversiamo un sentiero con piante di agave, profumate ginestre, asfodeli, calendule, mentre l’agglomerato roccioso di Pentedattilo si avvicina sempre più.
Siamo arrivati nel borgo, non abita più nessuno, gli abitanti si sono spostati più a sud, lungo la falda del monte Calvario, mentre questo l’antico sito ospita botteghe artigianali, musei, una chiesa in stile bizantino dedicata ai S.S. Apostoli Pietro e Paolo e i resti dell’imponente maniero degli Alberti che fu il palcoscenico della sanguinosa notte di Pasqua del 1686. Qui si consumò una delle tragedie amorose più sconcertanti della storia: la strage degli Alberti, signori di Pentedattilo.
Ancora oggi, la leggenda narra che nelle notti buie e senza luna, chi si avvicina al castello può udire gli echi dei lamenti umani della tragedia.
Foto: Marco Garcea